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Pianura Padana

Pianura Padana

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Nota disambigua.svg Disambiguazione – “Valpadana” rimanda qui. Se stai cercando l’azienda italiana produttrice di macchine agricole, vedi Valpadana (azienda).
Pianura padano-veneta-romagnola
Pia padana.jpg

Immagine dal satellite dell’Italia settentrionale: la Pianura Padana è la zona verde, (in falsi colori), all’interno dell’ovale rosso, estendentesi nella pianura veneto-friulana a est.

Stati Italia Italia
Regioni Piemonte Piemonte
Lombardia Lombardia
Emilia-Romagna Emilia-Romagna
Veneto Veneto
Friuli-Venezia Giulia Friuli-Venezia Giulia
Fiume Po
Superficie 47 820 km²
Abitanti 20 000 000 ca. (2007)

Coordinate45°19′49″N 9°47′56″E (Mappa)

La Pianura Padana, detta anche Padano-venetaPianura Padano-veneto-romagnola o Val Padana[1] (valle che si riferisce al bacino idrografico del fiume Po, dalla valle Po al suo delta), è una pianura alluvionale, una regione geografica, unitaria dal punto di vista morfologico e idrografico[2], situata in Europa meridionale che si estende lungo l’Italia settentrionale, compresa principalmente entro il bacino idrografico del fiume Po delimitato dalle Alpi e Prealpi italiane a nord e ovest, dall’Appennino settentrionale a sud e dall’Alto Adriatico a est, comprendendo parti delle regioni PiemonteLombardiaEmilia-RomagnaVeneto e Friuli-Venezia Giulia comprese orientativamente nell’isoipsa dei cento metri di quota.

Origine del nome[modifica | modifica wikitesto]

L’aggettivo padano deriva dal latino padanus, a sua volta derivante dall’idronimo Padus, cioè il nome del PoPadus sembra correlato con Bodinkòs o Bodenkùs, il nome dato al fiume dai celtoliguri e originatosi a partire da una radice indoeuropea (*bhedh-/*bhodh-) che indica “scavare”, o “render profondo”, la stessa radice da cui derivano i termini italiani “fossa” o “fossato”, indicando così tutta la depressione geografica della zona fluviale in oggetto[3].

Il latino padanus ha inoltre dato origine al toponimo Padania[4], altra voce che designa la Pianura Padana. Seppur più recente, Padania compare già nel 1903 in un articolo della Società Geografica Italiana scritto da Gian Lodovico Bertolini e intitolato Sulla permanenza del significato estensivo del nome di Lombardia,[5] mentre pochi anni dopo il prof. Angelo Mariani pubblica per i tipi Hoepli un manuale dal titolo Geografia economico sociale dell’Italia in cui Padania si riferisce al territorio a nord dell’Appennino, Appenninia e Corsica costituiscono le rimanenti aree italiane[6]. Nella seconda metà del XX secolo è stato impiegato dall’enciclopedia Il Milione dell’Istituto Geografico De Agostini[7] e nel volume I Paesaggi Umani edito dal Touring Club Italiano[8].

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]

Il Monviso visto dalla pianura padana piemontese

La pianura e le Alpi alle spalle

Il Po a Torino

Con una superficie di circa 47 820 km²[2], è una delle più grandi pianure europee e la più grande dell’Europa meridionale, occupa buona parte dell’Italia settentrionale, dalle Alpi Occidentali al mare Adriatico, e ha all’incirca la forma di un triangolo. Quasi al centro scorre il fiume Po, che l’attraversa in direzione ovest-est. È bagnata, oltre che dal Po e dai suoi numerosi affluenti, anche da AdigeBrentaPiaveTagliamentoReno e dai fiumi della Romagna nei loro bassi corsi dallo sbocco in pianura fino alla foce.

A nord-est, oltre l’Adige per alcuni, oltre la catena dei Colli Euganei e la laguna di Venezia per altri, la pianura assume la denominazione di pianura veneto-friulana. Queste due aree pianeggianti contigue sono separate dall’Europa Centrale dalla catena alpinaspartiacque geografico e climatico, e sono quindi considerate parte dell’Europa Meridionale, anche se la parte nord-orientale viene considerata mitteleuropea in talune fonti bibliografiche[9] ovvero nella Comunità di lavoro Alpe Adria. Le Alpi, le Prealpi, i rilievi delle Langhe e del Monferrato delimitano quindi la pianura padana lungo i versanti nord, ovest e sud-ovest, il versante meridionale è invece chiuso dalla catena degli Appennini mentre a est è bagnata dall’Adriatico.

A sud-est, invece, sembra che fino all’inizio della seconda metà del XX secolo, fosse ancora visibile una lastra di pietra verticale, accanto alla costa, nella zona estrema a sud della Romagna, a Cattolica, recante una scritta simile: “Qui comincia la Pianura Padana“. Per definirla viene anche usato, sia pur raramente, il toponimo bassopiano padano. Altro termine entrato recentemente nell’uso comune è quello di Padania, che viene anche diversamente utilizzato in altri ambiti, come quello politico, per indicare un’area dell’Italia Settentrionale in parte coincidente con la pianura stessa.

Alta e bassa pianura[modifica | modifica wikitesto]

Val padana in provincia di Mantova: sul fondo le montagne

La Pianura Padana comprende tre zone con differenti caratteristiche: l’alta pianura, la bassa pianura e le risorgive. Gli aggettivi “alta” e “bassa” si riferiscono all’altitudine e non alla latitudine.

Vi è una netta distinzione tra le due fasce, differenti non solo per l’altezza, ma anche per la natura dei terreni, il regime delle acque e la vegetazione. L’alta pianura, detta anche pianura asciutta, si stende ai piedi delle Prealpi e del pedemonte degli Appennini; il suolo è permeabile, composto da sabbie e ghiaie, e non riesce a trattenere l’acqua piovana. Perciò questa penetra per decine di metri sotto la superficie, fino a incontrare uno strato di materiale impermeabile. Sulle rocce impermeabili l’acqua scorre fino al punto in cui ha la possibilità di riaffiorare dalla falda freatica, dando origine ai fontanili o risorgive. Tali sorgenti, grazie alla temperatura costante (compresa tra i 9 e i 12 °C) delle loro acque, hanno permesso la diffusione nelle aree interessate di particolari coltivazioni a prato chiamate marcite.

In corrispondenza della linea delle risorgive incomincia la bassa pianura, detta anche pianura irrigua. Questa ha invece suoli formati da materiali più fini, argille di solito, impermeabili o poco permeabili, dove le acque ristagnano originando facilmente paludi e acquitrini. Un tempo la Pianura Padana era ricoperta da foreste nella parte più umida (bassa pianura) e da brughiere in quella più arida (alta pianura).

Clima[modifica | modifica wikitesto]

Tipico scenario estivo della bassa pianura padana: le campagne di Soresina, in provincia di Cremona, coltivate intensivamente

Panorama sulle risaie vercellesi e il fiume Po dalle colline del Monferrato. Le risaie contraddistinguono un’ampia zona della pianura padana compresa tra Piemonte e Lombardia

Panorama dell’alta pianura nel territorio di Origgio, nell’Altomilanese. Sullo sfondo il monte Rosa

Pioppi in pianura padana

Scorcio pianura padana

Panorama in pianura padana

La Pianura Padana ha un clima temperato umido con estate molto calda (classificazione Köppen-Geiger Cfa).

Il clima è caratterizzato da un’ampia escursione termica annuale con temperature medie basse in inverno (-1º/2 °C) e alte in estate (le medie massime estive oscillano dai 25 °C misurati a Cuneo ai 28 °C della stazione meteorologica di Milano Brera)[10]. Nella stagione fredda, le temperature minime possono attestarsi anche diversi gradi al di sotto dello zero nelle ore notturne, e talvolta permanere negative o prossime allo zero anche nelle ore centrali del giorno (specialmente in caso di nebbia); nella stagione invernale, causa il ristagno dell’aria le temperature massime si attestano su valori decisamente bassi: in alcuni casi si possono registrare, anche se di poco, giornate di ghiaccio ossia con valori termici che restano negativi anche durante il giorno, con fenomeni come la galaverna. In estate invece le temperature massime possono toccare, in caso di anticiclone subtropicale, punte di 38 °C, talvolta, superiori. Recenti misurazioni di questi valori estremi: nell’estate 2003, con l’anticiclone subtropicale, sono stati toccati i 41º/43º; nel gennaio e nel dicembre 2009, grazie all’effetto albedo e all’inversione termica, si sono toccati i -12º/-14º, mentre nel febbraio 2012 si è scesi a -23/-18 °C nella pianura occidentale[11].

La piovosità è concentrata principalmente nei mesi primaverili e autunnali, ma nelle estati calde e umide sono frequenti i temporali, soprattutto a nord del Po. La caratteristica conformazione “a conca” della Pianura Padana fa sì che sia in inverno sia in estate vi sia un notevole ristagno dell’aria (è una delle aree meno ventilate d’Italia), con effetti diversi nelle due stagioni. In inverno, per via della protezione dalle correnti marittime offerta da Alpi e Appennini, quando vi è un accumulo di freddo e scarsità di vento, si vengono a creare le condizioni per la formazione di inversioni termiche.

A causa di questo fenomeno sul settore centro occidentale si verificano nevicate di rilievo quando aria calda e umida, sospinta da una depressione sui mari a ovest dell’Italia, affluisce, dai quadrati meridionali, sopra uno spesso strato di aria fredda, preesistente, intrappolata dal sistema orografico; sono le cosiddette “nevicate da raddolcimento” o da “cuscino freddo”; esse segnano generalmente il passaggio tra il dominio dell’anticiclone freddo e le correnti cicloniche atlantiche; in queste condizioni le massime precipitazioni nevose si verificano sul Piemonte e sulla Lombardia occidentale, dove il “cuscino” si presenta più spesso e tenace, talvolta possono estendersi all’Emilia occidentale, mentre sulla Romagna e sul Triveneto, con tale configurazione, è più frequente la pioggia anche se la temperatura al suolo è prossima allo zero in quanto il cuscino di aria fredda è qui meno spesso e i venti caldi in quota provocano l’innalzamento dello zero termico con conseguente fusione della neve prima del suo contatto col suolo; può capitare che nevichi su Piemonte e ovest Lombardia, mentre piove non solo sul settore centro orientale, ma anche sull’Appennino Tosco Emiliano investito direttamente dai venti caldi meridionali.

Sul settore nord orientale, le nevicate, meno frequenti e abbondanti, sono legate di preferenza agli afflussi di masse di aria fredda da NE al suolo o in quota; esse interessano più direttamente la costa veneta e la Romagna; la pianura veneta settentrionale può beneficiare, a volte, di temporanei cuscini freddi in grado di garantire nevicate da scorrimento caldo, che solitamente evolvono in pioggia.

Cadute di neve particolarmente abbondanti possono manifestarsi con circolazioni depressionarie che dal Tirreno si spostano verso le regioni centrali e il medio Adriatico, quando è presente un anticiclone sull’Europa centrale; in tali condizioni, l’aria calda e umida che affluisce in quota dai quadranti meridionali contrasta con l’aria fredda richiamata da NE negli strati più bassi; il marcato contrasto tra le due masse d’aria e il sollevamento determinato dalla presenza dei rilievi appenninici, perpendicolari alle correnti, determinano nevicate più abbondanti via via che ci si avvicina all’Appennino. Tale situazione è particolarmente favorevole alle nevicate sull’Emilia Romagna e sul basso Piemonte e spiega la maggiore nevosità del pedemonte emiliano romagnolo rispetto alla bassa pianura. Non è raro che in tali condizioni la pianura a nord del Po, meno esposta ai venti di settentrionali, si trovi in condizioni di tempo piovoso o venga risparmiata dai fenomeni grazie a effetti favonici.[12]

In questa stagione vi sono tuttavia anche diverse giornate più secche, ma comunque sempre rigide, poiché entra direttamente sulla pianura vento freddo dalla “porta della bora” (da nord-est) e dalla valle del Rodano (da nord-ovest) sotto forma di fohn freddo. In alcune occasioni soffia anche il buran, vento orientale di origine russa che qualche volta riesce a raggiungere la Pianura Padana sferzandola con intense raffiche gelide. Ed è proprio in questi casi che fanno spesso la comparsa intense bufere di neve, con copiose precipitazioni derivanti da perturbazioni provenienti dalle latitudini polari, rinforzate dal vento freddo già presente sulla pianura. Le zone più nevose sono quelle a ridosso dell’Appennino del piacentino, tra Modena e Bologna oltre al basso Piemonte e alla bassa Lombardia occidentale.[13][14]

Per contro, nelle zone ai piedi delle Alpi possono soffiare venti di caduta (occidentali e nord-occidentali in Piemonte e Valle d’Aosta, settentrionali in Lombardia), come il comune föhn, che, oltre a rendere il cielo limpidissimo, porta giornate più miti e secche (l’umidità relativa può scendere anche fino al 10%) anche in pieno inverno. Cessato questo vento però, se il cielo è sereno, le temperature calano sensibilmente nella notte (anche 10 °C in 3-5 ore). La catena alpina esplica un’azione di difesa verso le perturbazioni invernali, ma, come detto, ostacola anche il passaggio di masse d’aria umide e temperate di origine atlantica, che in tal caso non riescono a mitigare il clima come nelle regioni atlantiche europee. Il bacino della Pianura Padana, delimitato dalle Alpi a nord e a ovest e dagli Appennini a sud che la isolano dalla regioni limitrofe, ha quindi un clima a sé, diverso in particolare dal comune clima mediterraneo a cui di solito viene abbinata l’Italia. Il mare Adriatico peraltro si limita a mitigare solo le zone costiere della pianura romagnola, veneta e friulana, poiché troppo basso e lungo per incidere profondamente sul clima padano, mentre le masse d’aria calda provenienti dal mar Ligure vengono bloccate dall’Appennino ligure e dalle ultime propaggini delle Alpi.

In estate, invece, l’effetto cuscinetto della Pianura Padana produce effetti opposti, favorendo il ristagno di aria calda e molto umida che produce temperature alte, connesse a tassi di umidità altrettanto alti, che causano frequenti giornate molto calde e afose (specialmente in presenza dell’anticiclone africano). Tale umidità, inoltre, tende spesso a scaricarsi sotto forma di violenti temporali e grandine, che portano temporaneo refrigerio e permettono di rimescolare le masse d’aria, causando un rapido ridimensionamento termico. Ma di solito questa situazione dura poco, con un veloce aumento delle temperature e degli indici di umidità.

Questa regione geografica è una zona di “transizione”, nel continente europeo, tra il tipico clima mediterraneo (a sud) e quello oceanico o marittimo temperato (a nord, nord-ovest). Secondo la classificazione dei climi di Köppen il clima che caratterizza la pianura del Po è detto “Cfb” per le zone più fredde (Cuneo, Novara) o “Cfa – Humid Temperate” (quello mediterraneo è “Csa, Csb – Mediterranean“).[15][16] Alla luce delle caratteristiche evidenziate, in linea generale, si può definire il clima della Pianura Padana anche come continentale.[17]

Una delle caratteristiche del clima padano, comune a tutta la pianura, è la scarsità della ventilazione, che in estate rende le giornate ancora più calde e afose e in generale accresce i livelli d’inquinamento dell’aria, contribuendo a fare della Pianura Padana una delle zone più inquinate d’Europa.[18][19] La particolare posizione geografica, che la vede chiusa tra alte catene montuose e aperta solo sul lato orientale, ostacolando in parte i venti e favorendo l’accumulo di forte umidità nell’aria, è causa del noto fenomeno della nebbia. Le località con maggior numero di giorni di nebbia in Italia sono infatti quelle dell’area padana, soprattutto verso la zona del delta.

Geologia[modifica | modifica wikitesto]

L’attività dei fiumi presenti è la principale causa della formazione dell’ambiente attuale di pianura alluvionale con significativi condizionamenti dovuti alle glaciazioni e ai fenomeni di subsidenza differenziali in corrispondenza di sinclinali e anticlinali sepolte.

Carmagnola, campagne nei pressi del fiume Po

Il suo assetto contemporaneo è il risultato dell’azione di numerosi corsi d’acqua che hanno, in successivi tempi geologici e storici, asportato e apportato sedimenti fluviali al bacino marino costiero, soggetto a fenomeni di subsidenza, che occupava l’odierna Pianura Padana. In particolare la gran parte dei depositi superficiali affioranti è il prodotto dell’attività fluviale, successiva alla glaciazione Würm che si concluse circa 18 000 anni fa. Lo scioglimento dei ghiacciai, liberando una gran quantità d’acqua in tempi geologicamente brevi ha comportato l’erosione dei grandi corpi morenici, edificati precedentemente dall’attività dei ghiacciai; i materiali erosi a monte o in prossimità dei depositi morenici deposti all’inizio delle vallate, furono deposti a valle.

Tuttavia, al di sotto dei depositi continentali fluviali e fluvio-glaciali (che presentano spessori di svariate centinaia di metri) si sviluppa un basamento di origine marina con assetto strutturale complesso e non priva di significato neotettonico. Sin dal tardo Cretacico, infatti, la Pianura Padana ha rappresentato la parte frontale di due catene di opposta convergenza: l’Appennino settentrionale e le Alpi meridionali. Studi sulla base della sequenza plio-quaternaria nella porzione centrale e meridionale della Pianura Padana, mostrano lo sviluppo di una serie di bacini sedimentari di tipo sin-orogenetici formatisi a seguito di movimenti ricollegabili a varie fasi tettoniche; la porzione settentrionale della pianura, invece, presenta una struttura monoclinale immergente verso sud.

L’aspetto finale della Pianura Padana si è raggiunto con il riempimento definitivo (cominciato nel Pliocene), con depositi dapprima marini e poi continentali, dei bacini ampiamente subsidenti delle avanfosse padane. Sebbene la definitiva strutturazione del substrato sepolto venga tradizionalmente associata a una fase tettonica pliocenica media-inferiore (databile dalla discordanza esistente tra i sedimenti plio-pleistocenici marini e il substrato più antico), è opinione sempre più diffusa che i depositi alluvionali quaternari siano stati coinvolti in fasi neotettoniche, condizionando così anche la morfogenesi più recente.

Mitologia[modifica | modifica wikitesto]

Nella mitologia greca classica la Pianura Padana è uno dei teatri dove si svolge una parte delle cosiddette “fatiche di Eracle” o Brân, come chiamato dai Celti. La decima e undicesima fatica di Eracle interessano la valle del Po considerato dai Greci come un fiume che nasce nella terra degli Iperborei.

Nella decima fatica definita “Il bestiame di Gerione” nel suo ritorno dall’occidente iberico durante la traversata delle Alpi Liguri, Eracle “tagliò una strada dove potessero comodamente passare il suo esercito e le sue salmerie; disperse anche le bande di briganti che infestavano il passo e poi entrò nell’attuale Gallia cisalpina.” Nell’undicesima fatica definita “I pomi delle Esperidi” Eracle, che non sapeva quale direzione prendere per giungere al giardino delle Esperidi, camminò attraverso l’Illiria fino al fiume Po, patria del profetico dio del mare Nereo. Quando Eracle finalmente giunse al Po, le ninfe del fiume, figlie di Zeus e di Temi, lo condussero presso Nereo addormentato. Eracle agguantò il canuto dio del Mare e senza lasciarselo sfuggire di mano nonostante le sue continue proteiche metamorfosi (Proteo), lo costrinse a riverargli il modo per impossessarsi delle mele d’oro.”[20]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Età antica[modifica | modifica wikitesto]

Liguri e palafitticoli[modifica | modifica wikitesto]

Al principio, quando ancora nessun popolo di origini greche né di origini tirreniche vi aveva messo piede, la Pianura Padana orientale si sostiene che fosse abitata da Liguri (intorno al XX secolo a.C.), i quali non solamente compaiono nelle leggende del delta padano (vedi sezione sotto), ma avrebbero lasciato tracce (linguistiche e artigianali) riscontrabili nell’area archeologica prossima alla costa adriatica settentrionale.[21] Ai Liguri si attribuisce la formazione dei primi villaggi padani detti dei Terramaricoli;[22] società che ben si adatta con quella della media e recente età del Bronzo: facies delle palafitte e degli abitati arginati. Per quanto riguarda l’area adriatica che interesserà maggiormente i Greci, va detto che nonostante sia uso comune datare la fine delle società palafitticole con l’ultimo periodo del Bronzo, ciò non è sempre esatto: ad Adria, ad esempio, forse per il terreno eccessivamente paludoso che non permetteva altro tipo di costruzione, si sono ritrovate tracce di società palafitticola risalente alla piena età del Ferro: del VI e V secolo a.C.[23]

Siculi e Liburni[modifica | modifica wikitesto]

Un passo dell’antico romano Plinio il Vecchio chiarisce la successione di popoli per la parte di pianura Padana sud-orientale:

(LA)«Ab Ancona Gallica ora incipit Togatae Galliae cognomine. Siculi et Liburni plurima eius tractus tenuere, in primis Palmensem, Praetutianum Hadrianumque agrum. Umbri eos expulere, hos Etruria, hanc Galli. Umbrorum gens antiquissima Italiae exstimatur, ut quos Ombrios a Graecis putent dictos quod in inundatione terrarum imbribus superfuissent.» (IT)«Da Ancona ha inizio la costa gallica detta Gallia Togata. La maggior parte di questa zona fu possesso di Siculi e dei Liburni, e lo furono in particolare i territori palmense, pretuzio e di Adria. Quelli furono scacciati dagli Umbri, costoro dagli Etruschi, gli Etruschi dai Galli. La popolazione umbra è ritenuta la più antica d’Italia: si crede infatti che gli Umbri fossero chiamati Ombrii dai Greci, perché sarebbero sopravvissuti alle piogge quando la Terra fu inondata.»
(Plinio il VecchioNaturalis historia, III, 112.[24])

La Gallia Togata di cui parla Plinio è la Gallia Cisalpina, detta così perché considerata civilizzata (dalla toga, veste romana) in contrapposizione alla Gallia ancora di usi e costumi barbari, ovvero la Gallia Comata (dai lunghi capelli dei Barbari).[25] Plinio è abbastanza chiaro: dalla costa di Ancona, per cui dalla fine delle Marche verso l’Emilia Romagna, ha inizio il territorio dei Galli Togati (ai tempi dei Romani i Galli occupavano già da tempo, in maniera stabile, quelle regioni[N 1]). Qui, sostiene lo storico romano, dominarono nei tempi più antichi Siculi e Liburni.

Di seguito Plinio ricorda che questi due popoli, stavolta nel Piceno meridionale (egli, palesemente, non si sta più riferendo alla Gallia Togata[26]), avevano preso possesso soprattutto dell’agro del Palmense, del Pretuzio e dell’Atriatico – si tratta dell’Atria abruzzese, non di quella veneta. Plinio prosegue infine con l’ordine cronologico dei popoli che abitarono la Gallia Togata (poiché la citazione delle aree abruzzesi era solo un excursus in mezzo al discorso incentrato sui Galli).[26]

Tra i popoli più antichi stanziatisi nella bassa val Padana quelli che maggiormente innescano degli interessanti interrogativi sono i Siculi, poiché gli altri due (Liguri e Liburni) si sono successivamente affermati in località non distanti dal contesto padano: i Liguri, a occidente della pianura colonizzarono la Liguria, che da essi ha tratto il nome, i Liburni si affermarono nel lato orientale del medio-alto Adriatico, nella Liburnia. Ma la terra alla quale i Siculi imposero il loro nome, la Sicilia, sorge a grande distanza dal contesto del passo pliniano. Eppure una connessione tra questi popoli esiste ed è data principalmente dallo storico siracusano Filisto, il quale sostiene che i Siculi altro non erano che Liguri[27] (la sua affermazione è però guardata con sospetto dalla storiografia moderna a causa degli interessi degli antichi Siracusani in Italia[28]).[N 2]

Una delle tavole eugubine, sette in tutto (risalenti al III secolo a.C.), scritte dagli Umbri, popolo che secondo Strabone colonizzò Rimini e Ravenna

L’altro popolo dominante, i Liburni, è stato a sua volta identificato, se pur sporadicamente, da diversi storici del XVIII e XIX secolo con i Liguri[29] e alle volte anche con i Siculi.[30] In verità molto poco si conosce sulle rispettive origini di questi popoli; due di essi però, Siculi e Liburni, sono stati in epoca più contemporanea posti in connessione con gli antichi Popoli del Mare.

Umbri e Pelasgi[modifica | modifica wikitesto]

Gli Umbri sono indicati da Plinio come i più antichi abitatori dell’Italia, sopravvissuti all’inondazione delle terre. Ma a parte la certezza, pliniana, che si insediarono nella bassa Padana dopo aver cacciato Siculi e Liburni, non è semplice tuttavia stabilire se essi vi arrivarono prima o dopo di un altro nuovo popolo, di cui Plinio non fa menzione nella sua cronologia ma che è invece attestato da diverse fonti antiche: il popolo dei Pelasgi. Costoro, afferma Diodoro Siculo, giunsero nella pianura del Po dopo essere fuggiti dalla Tessaglia all’epoca del diluvio di Deucalione (la versione greca del diluvio universale).[31] Se però la notizia di Diodoro viene conciliata con quella riferita da Strabone, ovvero che i Tessali fondarono Ravenna ma che a causa dell’aggressività dei Tirreni la cedettero agli Umbri, si può affermare, pur sempre con prudenza – poiché l’etnonimo tirrenico, ancora prematuro per l’area padana, è molto probabilmente frutto della pubblicistica siracusana d’epoca classica -, che i Pelasgi giunsero in queste terre prima degli Umbri; considerando che i Tessali di Strabone sono identificabili con i Pelasgi della Tessaglia citati dal passo diodoreo.[32]

Cratere attico del pittore dei Niobidi, rinvenuto nella valle Trebba di Spina (IV sec. a.C.museo archeologico nazionale di Ferrara)

I Pelasgi sono inoltre indicati come i fondatori della polis deltizia sopra Ravenna: Spina.[33] Questi protogreci[34] giunsero in Italia perché l’oracolo di Dodona aveva detto loro che dovevano cercare «la terra dei Siculi»; la Saturnia (nel Lazio), ma una tempesta li condusse alle bocche del Po, per cui essi si stanziarono prima nella bassa pianura Padana.[35]

Cultura villanoviana, Veneti, Greci ed Etruschi[modifica | modifica wikitesto]

Nel frattempo nell’alto Adriatico faceva la sua comparsa la cultura protovillanoviana (XIIX secolo a.C.), seguita dalla cultura villanoviana (IXVIII secolo a.C.), la cui principale caratteristica era la sepoltura a incinerazione. Il suo nome deriva dal sito archeologico scoperto a Bologna (antica Felzna, capitale padana degli Etruschi).[36]

La cultura villanoviana è strettamente connessa con gli Etruschi, perché essa copre quasi la stessa identica porzione di penisola italica nella quale si estese la Tirrenia/Etruria (Toscana, Lazio, parte della Campania e ampie aree della pianura Padana).[37] Intorno al IX secolo a.C. nella parte nord-orientale della pianura Padana giunse il popolo dei Veneti.[38] Essi, di probabile origine asiatica (forse giunti dalla Paflagonia, in quanto probabili discendenti degli Eneti)[39] trovarono già insediati nel medesimo sito le popolazioni dette degli Euganei, che a seguito dell’arrivo del nuovo ethnos cercarono rifugio nelle valli delle Alpi orientali.[40]

La prima frequentazione ellenica dell’alto Adriatico si fa risalire alla civiltà micenea (anteriore al X secolo a.C.)[41] e prosegue con la navigazione degli euboici.[42] Qui inoltre, si sostiene, vennero ambientate molte delle arcaiche leggende dei Greci (come parte della saga degli Argonauti[43] e dell’Odissea di Omero[44]), risalenti a un lasso di tempo che si stima vada dal IX agli inizi dell’VIII secolo a.C. I primi contatti dei Greci con gli Adriatici precedettero quindi l’arrivo e l’influenza degli Etruschi sulla Pianura Padana (la formazione della cultura etrusca si data alla seconda metà dell’VIII secolo a.C., mentre la colonizzazione della cosiddetta Etruria padana ebbe la sua fase maggiore solo nel VI secolo a.C.[45]). Gli Etruschi furono a loro volta testimoni di un nuovo arrivo nella valle del Po: l’avvento gallico. La prima invasione gallica si data al IV secolo a.C.; i Greci di Siracusa giunsero nel delta padano a seguito di ciò.[46]

Età romana[modifica | modifica wikitesto]

Nella repubblica romana[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di Modena (218 a.C.)Battaglia della Selva LitanaBattaglia di Modena (193 a.C.)Battaglia di Modena e Gallia Cisalpina.

Nell’impero romano[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di CremonaAssedio di Piacenza (69)Battaglia di Piacenza (271)Battaglia di Verona (312)Battaglia di Verona (403) e Battaglia di Ravenna (432).

Età medievale[modifica | modifica wikitesto]

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Gonzaga e Repubblica di Venezia.

Età moderna[modifica | modifica wikitesto]

A seguito dell’approvazione della prima legge forestale italiana n. 3917/1877 [47][48], che tolse la tutela dai boschi dal livello del mare al limite superiore del castagno, fu favorito un massiccio disboscamento delle aree boscate che si erano ancora conservate fino ad allora. Rimasero boscate solo alcune proprietà come il Bosco Fontana, varie riserve di caccia, come quelle lungo il fiume Ticino, e alcune aree dell’alta pianura non irrigua, ove i terreni erano poco adatti all’uso agricolo, corrispondenti ad esempio agli attuali Parco delle Groane e Parco della Pineta di Appiano Gentile e Tradate.

Inquinamento[modifica | modifica wikitesto]

A causa della scarsa ventilazione della Pianura Padana, soprattutto occidentale, dell’industrializzazione e dell’alta densità di popolazione (particolarmente in Lombardia, ma distribuita su tutta l’area di pianura, che conta circa 20 milioni di abitanti[49]), dagli anni sessanta è molto cresciuto il problema dello smog e dell’inquinamento dell’aria in genere, inquinamento che non colpisce solo le grandi città o le aree industriali ma che si distribuisce a interessare l’intera macroregione. I telerilevamenti da satellite mostrano come l’inquinamento dell’aria nella Pianura Padana sia il più grave in Europa, quarto nel mondo[50]. Inoltre, a differenza delle altre grandi pianure europee, la Pianura Padana è quasi totalmente coltivata, lasciando spazi irrisori a boschi e altri ambienti naturali.

Alcune amministrazioni provinciali e regionali, ad esempio la provincia di Milano e quella di Lodi, stanno prodigandosi per migliorare i pochissimi ambienti naturali rimasti nella pianura e per crearne artificialmente altri, ad esempio col progetto “Dieci grandi foreste per la pianura”[51] della Regione Lombardia. Altre province restano in transizione verso un’agricoltura meno intensiva e più estensiva, creando i cosiddetti corridoi ecologici, con l’obiettivo di proteggere la residua biodiversità di una macroregione geografica tra le più impoverite d’Europa.

Secondo uno studio del giugno 2014 dell’Università di Modena e Reggio Emilia, la concentrazione di polveri sottili nel corso dei precedenti 14 anni è diminuita significativamente in tutto il bacino padano, tra l’1 e il 4% ogni anno, ed è stato dimostrato come tali diminuzioni “siano in parte dovute a miglioramenti tecnologici relativi alle sorgenti emissive” (miglioramento dell’efficienza dei motori dei veicoli e dei sistemi di emissione).[52][53]

Economia[modifica | modifica wikitesto]

Grazie alla fertilità, la vicinanza geografica dei mercati esteri, la superficie pianeggiante e il conseguente agevole collegamento fra città e la costruzione di infrastrutture più facile rispetto al resto del complesso territorio italiano, la Pianura Padana gode oggi di una robusta economia diversificata grazie anche alla buona distribuzione, quantomeno nella parte orientale, della popolazione in diversi centri urbani medio-grandi che costituiscono ottimi punti di riferimento produttivi, logistici e industriali (VeronaPadovaBresciaBergamoPiacenzaParmaReggio EmiliaModena e Bologna) immersi nella campagna ad altissima meccanizzazione agricola circostante. Nella parte occidentale, che è comunque produttiva ma con un reddito pro-capite leggermente più basso, la popolazione si concentra principalmente nei grossi poli dell’ex triangolo industriale (TorinoMilano e Genova), che hanno un peso demografico molto più imponente.

Nella Pianura Padana si concentrano diverse aree agricole e industriali, tra le più importanti all’interno dell’economia italiana. Coltivazioni tipiche sono il grano e il mais. Nella pianura trovano spazio anche coltivazioni destinate all’industria di trasformazione, come la barbabietola da zucchero per gli zuccherifici. Diffuso è l’allevamento intensivo dei bovini e suini. Sono sviluppate tutte le industrie manifatturiere, soprattutto nelle regioni nordoccidentali. Importanti sono anche il turismo, il settore bancario e il commercio.

Pianura Padana1.jpg

Note[modifica | modifica wikitesto]

Note esplicative
  1. ^ Senoni ad Ancona e i Boi sotto il Po.
  2. ^ Certamente risulta quanto meno curioso (e depone a favore della tesi di Filisto o della propagandistica siracusana) il fatto che secondo Virgilio (Eneide, X 186) il capo dei Liguri sarebbe stato Cunaro (CunerosCinirus), il cui nome si collega direttamente ad Ancona, colonia dei Siracusani, dove si erge il monte Conero, omonimo del condottiero ligure virgiliano (come sostenne già Servio), e dove un tempo, come attesta Plinio, sorgevano colonie dei Siculi. Questo monte è ricordato anche nel testo pliniano con il toponimo di Cunero: «Ancona ad- posita promunturio Cunero» (Plinio, III 111). Cfr. Rossignoli, p. 176; Luca Antonelli, I Piceni: corpus delle fonti, 2003, p. 31.
Fonti
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  2. ^ Salta a:a b http://www.treccani.it/enciclopedia/pianura-padana/ Archiviato il 9 maggio 2013 in Internet Archive. Voce relativa su enciclopedia Treccani
  3. ^ Cfr. la voce fossa in Alberto Nocentini, l’Etimologico. Dizionario etimologico della lingua italiana, Firenze, Le Monnier, 2010. ISBN 978-88-0020-781-2
  4. ^ Padania, Treccani. URL consultato il 4 agostoo 2020.
  5. ^ Gian Lodovico Bertolini, Sulla permanenza del significato estensivo del nome di Lombardia, in Bollettino della Società geografica italiana, XXXVII, Roma, 1903, pp. 345-349.
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  8. ^ Che cos’è la “Padania”? Origini del nome e del concetto, Blitz Quotidiano. URL consultato il 4 agosto 2020.
  9. ^ Band 16, Bibliographisches Institut Mannheim/Wien/Zürich, Lexikon Verlag 1980
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  21. ^ Cfr. Rivista archeologica della provincia e antica diocesi di Como, 1908, p. 135; Emilia preromana vol. 8-10, 1980, p. 69; Istituto internazionale di studi liguriStudi genuensi, vol. 9-15, 1991, p. 27.
  22. ^ Cfr. Fausto Cantarelli, I tempi alimentari del Mediterraneo: cultura ed economia nella storia alimentare dell’uomo, vol. 1, 2005, p. 172.
  23. ^ Cfr. Adria, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell’Enciclopedia Italiana. Vd. anche Anna Maria Chieco Bianchi, Michele Tombolani, Veneto (Italy). Giunta regionale. Dipartimento per l’informazione, I Paleoveneti: catalogo della mostra sulla civiltà Veneti antichi, 1988, p. 127.
  24. ^ Trad. ita di G. Ranucci in Crustumium: archeologia adriatica fra Cattolica e San Giovanni in Marignano (Cristina Ravara Montebelli), 2007, p. 9.
  25. ^ Cfr. Deputazione subalpina di storia patria, vo. 114, 1928, p. 29; Studi romagnoli, vol. 33, 1982, p. 345; Lucan, Giovanni Viansino, La guerra civile, 1995, p. 94; Il Carrobbio, vo. 32, 2006, p. 33.
  26. ^ Salta a:a b Braccesi, 2007, p. 115.
  27. ^ Filisto FGrHist 556 F 46.
  28. ^ Vd. A. Coppola, Archaiologhía e propaganda: i Greci, Roma e l’Italia, 1995, pp. 93-100.
  29. ^ Cfr. ad es. Panfilo SerafiniDegli Abruzzesi primitivi, 1847, p. 229; Giovan Pietro VieusseuxAntologia, 1830, p. 38;
  30. ^ Cfr. ad es. Fr. Antonio Brandimarte, Giovanni Battista CiprianiPlinio seniore illustrato nella descrizione del Piceno dedicato alla santità di nostro signore Pio 7…, 1815, p. 174.
  31. ^ Diodoro Siculo, XIV, 113, 2.
  32. ^ Cfr. Gian Carlo Susini, Storia di Ravenna, vol. 1, 1990, p. 53; Istituto universitario orientale, Annali del Seminario di studi del mondo classico: Sezione di archeologia e storia antica, vol. 6, 1984, p. 241; Maurizio Mauro, Ravenna romana, 2001, p. 28.
  33. ^ Dio. Alc. Antichità romane I, 28, 4.
  34. ^ Sull’uso corretto di questo termine riferito ai Pelasgi vd. es. Sandro StucchiCirene e la Grecia, p. 12; Accademia delle Scienze di TorinoAtti, vol. 120-123, 1986, p. 79; Lorenzo BraccesiI Greci delle periferie: dal Danubio all’Atlantico, 2003, p. 73.
  35. ^ Dion. Alic. Antichità romane I, 18, 3-4.
  36. ^ Touring Editore, Bologna, 2004, p. 26.
  37. ^ Sul legame tra Etruschi e cultura villanoviana vd. Adam Ziólkowski, Storia di Roma (trad. a cura di Danilo Facca), 2006, p. 7.
  38. ^ Cfr. Marina De Franceschini, Le ville romane della X regio: (Venetia et Histria), 1998, p. 67; Luisa Brecciaroli Taborelli, Forme e tempi dell’urbanizzazione nella Cisalpina (II secolo a.C.-I secolo d.C.). Atti delle Giornate di studio (Torino, 4-6 maggio 2006), 2007, p. 61.
  39. ^ Cfr. Giulia Fogolari, Aldo Prosdocimi, Mariolina Gamba, I veneti antichi: lingua e cultura, 1998, p. 17; Fabio Mora, Il pensiero storico-religioso antico: autori greci e Roma, vol. 1, 1995, p. 138; Angela Ruta Serafini, Este preromana: una città e i suoi santuari, 2002, p. 51.
  40. ^ Cfr. Rinaldo Fulin, Riccardo Predelli, Archivio veneto, 1967, p. 161.
  41. ^ Cfr. Lorenzo BraccesiGrecità adriatica, 2001, p. 48; Andrea Debiasi, L’epica perduta: Eumelo, il Ciclo, l’occidente, 2004, p. 220.
  42. ^ Cfr. autori su argomento citati in Ambra. Dalle rive del Baltico all’Etruria (Simonetta Massimi, Maria Letizia Arancio), 2012, p. 52, n. 3.
  43. ^ Cfr. Preistoria e protostoria dell’alto Adriatico, 1991; Lorenzo Braccesi, I Greci delle periferie: dal Danubio all’Atlantico, 2003, p. 51; Benedetta Rossignoli, L’Adriatico greco: culti e miti minori, 2004.
  44. ^ Cfr. Lorenzo Braccesi, Benedetta Rossignoli, Gli Eubei, l’Adriatico e la geografia dell’Odissea, «RFIC» 127, 1999, 176-181; Mario Luni, I Greci in Adriatico nell’età dei kouroi, 2007, p. 103.
  45. ^ Cfr. le date in Jean-Marc Irollo, Gli Etruschi: alle origini della nostra civiltà, 2008, p. 54; Rassegna gallaratese di storia e d’arte, Pietro Cafaro, Spazi. Economie, comunità, archeologie: Economie, comunità, archeologie, 2014, p. 14.
  46. ^ Cfr. Prometheus, vol. 14-15; 1988, p. 221.
  47. ^ Vedi art. 1. La legge è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 161 dell’11 luglio 1877.
  48. ^ Legge 20 giugno 1877, n. 3917 (serie 2°). Norme relative alle foreste. (PDF), su demaniocivico.it. URL consultato il 16 gennaio 2020 (archiviato il 10 maggio 2017).
  49. ^ Corriere della sera – Pianura Padana, megalopoli come Bombay, su corriere.it. URL consultato il 24 ottobre 2007 (archiviato il 10 febbraio 2008).
  50. ^ ESA (European Space Agency) – Observing the Earth, Air pollution map, su esa.int. URL consultato il 31 maggio 2007 (archiviato il 10 maggio 2007).
  51. ^ Dieci grandi foreste per la pianura[collegamento interrotto]
  52. ^ (ENLong-term trend and variability of atmospheric PM10 concentration in the Po Valley(PDF), in Atmospheric Chemistry and Physics, 20 maggio 2014, DOI:10.5194/acp-14-4895-2014URL consultato il 13 giugno 2014 (archiviato il 13 giugno 2014).
  53. ^ Ricercatori del DIEF hanno pubblicato uno studio di lungo periodo sulle concentrazioni di PM10 in Pianura Padana, Università di Modena e Reggio Emilia, 11 giugno 2014 (archiviato dall’url originale il 13 giugno 2014).

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]